Il mondo è alle prese con grandi cambiamenti, che riguardano ogni aspetto della nostra vita.
Stiamo conoscendo i primi effetti del cambiamento climatico, stiamo partecipando alla quarta rivoluzione industriale (industria 4.0), stiamo provando a gestire una pandemia in corso di cui ancora conosciamo poco.
E in tutti questi ambiti, in cui tecnologia e scienza si intersecano, la nostra società è chiamata ad affrontare stravolgimenti altrettanto significativi.
“L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento” Stephen Hawking
Perché apprendere nuove competenze, anche apparentemente distanti dalle nostre attuali mansioni, può essere fondamentale per noi come professionisti, e per la sopravvivenza stessa delle aziende?
Per rispondere a questa domanda, è sufficiente fare un passo indietro e pensare a coloro che si sono diplomati o laureati da poco, o che entreranno nel mercato del lavoro entro pochi anni.
Proviamo a chiederci se scuola e mondo del lavoro viaggiano su binari paralleli, in una direzione comune e alla stessa velocità, oppure quanto è probabile che un diploma appena ottenuto rischi di essere da subito in grande “ritardo”, rispetto a ciò che chiede il mercato del lavoro.
Secondo un ormai famoso report del World Economic Forum del 2016 (leggi il report), il 65% dei bambini che inizia oggi il suo percorso formativo alle scuole primarie, farà un lavoro che oggi nemmeno esiste.
Persino buona parte di noi, in Vcube, ha mansioni che non esistevano fino a una manciata di anni fa, oppure ha intrapreso percorsi di studi diversi da quello che oggi è chiamato a fare.
Reskilling e Upskilling, non solo belle parole
Nonostante suonino come i soliti anglicismi altisonanti, nel loro significato si racchiude un concetto estremamente importante: apprendimento continuo.
Se da una parte, per Upskilling si intende un aggiornamento delle competenze, utile a implementare e rafforzare il proprio contributo lavorativo, il termine Reskilling può essere identificato come riqualificazione, e quindi l’apprendimento di competenze che in un qualche modo rivoluzioneranno il profilo professionale di chi ne è sottoposto.
Imparare costantemente e restare in gioco
Riconosciamo tutti quanto sia importante, ma ci sono ancora molte aziende che nutrono un forte scetticismo sulle capacità dei propri collaboratori per far fronte ai cambiamenti del mercato, e di adattarsi ai progressi tecnologici in rapida evoluzione.
Motivo per il quale si ritiene spesso necessario sostituire la risorsa, piuttosto che riqualificarla.
I numeri, però, dicono altro.
Soldi e non solo
Un piano di reskilling, quando ben progettato, ha molti risvolti positivi per l’azienda, anche dal punto di vista economico.
Cosideriamo l’assunzione di una nuova risorsa.
Secondo lo Human Capital Trends di Deloitte, il 61% dei responsabili HR riscontra grandi difficoltà a trovare le figure giuste per ruoli specifici, e gli occorrono in media 42 giorni per ricoprire la posizione aperta (leggi il report).
Sempre secondo Deloitte la riqualificazione può essere fatta per un sesto del costo dell’assunzione di un nuovo candidato, con l’ulteriore vantaggio che la risorsa in organico possiede familiarità con la cultura aziendale e sa cosa deve e non deve fare.
Poi c’è da considerare l’aspetto di immagine aziendale, poiché un dipendente coinvolto e convinto del percorso formativo, avrà una percezione molto più positiva dell’azienda, e agirà di conseguenza.
Riscontrare l’interesse dell’azienda per la propria qualificazione professionale, è un nodo cruciale nella mente di un dipendente.
Messo al centro di un progetto, responsabilizzato, e quindi stimolato a contribuire alla concretizzazione del percorso di riqualificazione… il miglior modo per cominciare nella “rivoluzione” professionale e di ricollocazione interna.
L’esempio AT&T
La compagnia telefonica americana ha scelto di riqualificare oltre 100.000 dipendenti, dopo aver rilevato in questi importanti gap di competenze.
Gli studi interni all’azienda hanno rivelato che gran parte delle mansioni che questi stavano ricoprendo, non sarebbero esistite da lì a dieci anni, e sarebbe stato uno sforzo immane rimpiazzare tutte quelle persone, creando non pochi problemi anche ad un numero sproporzionato di famiglie.
“Quando i lavoratori possiedono molto di cui l’azienda ha bisogno, ha decisamente più senso riqualificarli che assumere nuove risorse, prepararle e aspettare diversi mesi prima che arrivino all’integrazione richiesta.” Anthony Carnevale, Georgetown University
La formazione è la strada giusta
Entrare nell’era digitale e adattarsi alle sue dinamiche, significa anche questo.
Lo sforzo delle aziende per rimanere competitive deve partire da un approccio human-centric, includendo programmi di monitoraggio, aggiornamento e riqualificazione a servizio della propria forza lavoro.
La formazione non è mai un errore, anche in tempo di crisi, è la porta di accesso a nuove opportunità.