In uno scenario di lenta ripresa dalla crisi pandemica, se n’è aperto uno ancora più allarmante, con la crisi geopolitica tra Russia e Ucraina.
E mentre il piombo scalfisce indelebilmente storia e vite in un territorio nelle strette periferie europee, gli animi si sono “scaldati” anche sul fronte cibernetico, con minacce e primi incidenti un po’ su tutti i fronti.
In un periodo in cui è un attimo passare da angelo a demone e viceversa (chiedere a medici e infermieri), le definizioni spesso negative attribuite agli hacker sembrano aver subito un cambio di rotta.
Alcuni, infatti, oggi li chiamano eroi.
Negli anni, gli attacchi informatici sono diventati sempre più diffusi, e da tempo gli esperti di sicurezza di quasi tutto il pianeta, si dimostrano preoccupati per quanto concerne la preparazione dei governi a una potenziale guerra informatica.
Sebbene i principali governi europei abbiano fatto passi da gigante nel migliorare le proprie capacità di sicurezza informatica, sono ancora molte le lacune che potrebbero essere sfruttate da potenziali malintenzionati.
Cyber-troops in agitazione
Come supporto all’intelligence, o come vera e propria arma di sabotaggio del nemico, è impossibile non riconoscere il vantaggio che il mondo cyber offre a governi (e non solo).
In questi anni, molti paesi hanno accusato la Russia di impegnarsi in campagne di spionaggio informatico e disinformazione.
La colpa dell’ex Unione Sovietica sarebbe quella di diffondere informazioni e notizie false, al fine di manipolare il proprio popolo, e creare una realtà ad hoc che giovi ai propri interessi.
Informazione e azione
Nella crisi scoppiata tra Russia e Ucraina, i primi avrebbero iniziato da tempo a sferrare degli attacchi a obiettivi sensibili ucraini, danneggiando molte infrastrutture, tra cui una finanziaria con sedi nelle vicine Lituania e Lettonia.
Dall’altro lato, l’Ucraina si è attivata rispondendo agli attacchi della Russia, con altrettante offensive.
Ciò che è emerso in questi giorni da fonti quali Reuters e Financial Times, riporta che il ministero della Difesa ucraino avrebbe contattato, tramite società private, legioni di hacker esterne al governo chiedendo loro supporto contro la Russia, con ruoli soprattutto di difesa, a tutela di infrastrutture sensibili come sistemi idrici e centrali elettriche.
E poi c’è Anonymous
Per la prima volta, in modo “ufficiale”, anche il famoso gruppo internazionale di hacker non è stato a guardare, e si è fatto avanti dichiarando “guerra all’invasore”, creando in poco tempo molti grattacapi al Cremlino e al suo alleato bielorusso, bloccando la circolazione di treni, interrompendo la trasmissione di alcuni media, ostacolando il lavoro di varie società e istituzioni governative, ecc.
E la risposta a tutto questo è stato un sostegno globale senza precedenti, con un popolo spettatore in preda all’esaltazione, come di fronte alle gesta di un supereroe della Marvel.
Operazioni False Flag
È vero, la speranza non deve morire mai, ma non possiamo affidarle i nostri presente e futuro.
Pur ammettendo che in questa battaglia abbiamo acquisito un alleato, che come noi crede negli ideali di pace e giustizia, in generale come possiamo sapere chi c’è dietro a un attacco, e se le intenzioni manifestate sono veritiere?
Durante la prima guerra mondiale è nato il termine false flag, usato per indicare le navi tedesche e britanniche che esibivano bandiere di paesi diversi, per ingannare il nemico.
Oggi, uno o più hacker finge di essere qualcun altro con lo stesso intento, e spesso risulta molto difficile verificarne l’identità, fino a quando l’operazione non viene portata a termine.
Fenomeno ben sfruttato soprattutto dagli hacker russi, oggi viene usato da sempre più governi, rendendo gli scenari in atto ancora più caotici, e di conseguenza complicando la gestione delle relazioni tra paesi, poiché minate da cyber-milizie ben camuffate.
Il confine tra eroe e criminale
Ci stiamo muovendo verso un nuovo modo di fare la guerra, che va oltre ai “convenzionali” confini geografici, in un combattimento globale in cui tutti possono attaccare ed essere attaccati, senza distinzioni.
Un tipo di guerra senza armi, ma in grado di minacciare l’esistenza di individui e organizzazioni.
A questo punto, come sarà possibile avere un controllo e non permettere, per esempio, a poche “mine vaganti” di creare un caos di proporzioni globali?
Una volta finito il conflitto, da dove ripartire per costruire un sistema di difesa, a garanzia della sicurezza delle nostre aziende?