La crisi dell’approvvigionamento energetico e l’impatto della guerra in Ucraina, hanno evidenziato l’urgenza di intervenire sull’attuale stato di infrastrutture e supply chain, in modo da renderle più sicure e resilienti.
Nella morsa della pandemia da oltre due anni, ciò che si sta verificando è una crisi energetica globale, con il mondo che, non solo a causa del conflitto ucraino, si trova ad affrontare un futuro incerto a causa delle risorse limitate.
Da oltre un anno diversi settori industriali di tutto il mondo hanno raggiunto il loro limite, e la pressione generata dalle scarse risorse energetiche richiede interventi decisi e immediati.

Rinnovabili e oltre

Il dibattito su quale direzione prendere, ormai ciclico da decenni, si è sin qui sempre fermato alle opinioni altalenanti del popolo e dei suoi esponenti politici, dimostrando questi ultimi una chiara mancanza di visione (e competenze?), preferendo affidarsi al caso, a un finto ottimismo dettato dalla poca voglia di assumersi dei rischi e il malcontento popolare.
Gettarsi sull’eolico, sull’energia solare, su quella marina?
O è forse giunta l’ora del nucleare?
La parola dovrebbe andare agli esperti, e mentre aspettiamo che qualcuno definisca qualcosa, c’è chi propone idee e metodi alternativi per ridurre e/o recuperare un po’ delle emissioni, che oggi emettiamo a livelli preoccupanti.

Sarà il digitale a dettare il cammino?

In questi 30 anni di internet il mondo del digitale ha fatto grandi passi in avanti, e le compagnie hanno assunto delle posizioni di rilievo nell’economia mondiale e, di conseguenza, di consumo di energia e volumi di CO2 generati.
Sebbene siano ancora molte le persone che non riconoscono nel web un elemento di “peso tangibile” nella nostra vita, i numeri dicono altro.
La maggior parte della domanda di energia proviene dall’alimentazione dei server, i quali a loro volta, producendo calore, devono essere raffreddati investendo una percentuale variabile dal 10 al 40% dell’energia che assorbono (in base a diversi fattori).
L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che l’1% di tutta l’elettricità globale sia impiegata dai data center, e che entro i prossimi 3 anni (nel 2025) questi consumeranno 1/5 dell’alimentazione mondiale.
È forse arrivato il momento in cui l’economia digitale aiuti l’energia a funzionare in modo più sostenibile.

Quali prospettive per il Made in ITaly?

La qualità è un attributo comune a moltissimi prodotti Made in Italy.
Il nostro paese ha una lunga storia di produzione di beni di alta qualità, e questa tradizione continua a prosperare ancora oggi.
Molti marchi di fama mondiale hanno le loro origini in Italia, tra cui Ferrari, Pirelli e Loro Piana, che proprio oggi festeggia 98 anni di attività.
Ma cosa si può dire del settore IT?
L’accelerazione richiesta da mercato e politica non lasciano dubbi riguardo a una necessaria crescita del comparto, e gli stessi investimenti dell’UE lo confermano.
A fare da freno, però, è la carenza di professionisti qualificati.
A gennaio 2022, il gap tra domanda e offerta di lavoro in ambito IT si aggirava intorno al 50% (dati UnionCamere-Anpal), e ciò rappresenta una seria minaccia alla competitività delle aziende e del paese stesso.
Dal punto di vista qualitativo, il nostro paese è noto per l’attenzione ai dettagli dei suoi professionisti e per l’insistenza sui controlli di qualità, ed è normale che il know-how di aziende e professionisti sia diventato molto allettante per gli altri paesi, che spesso riescono a “strapparli” al nostro territorio.

I Big Data e le idee dei singoli

Lo sappiamo, un uso intelligente dei dati da parte delle aziende e, sempre di più, dei privati, aiuta a prendere decisioni migliori, potendo investire le giuste risorse quando necessario, riducendo sensibilmente inutili sprechi.
I Big Data stanno già intervenendo in tante occasioni e possono farlo ancora di più, magari a livello globale, aiutando per esempio a prevedere la domanda di risorse da parte della popolazione mondiale, quali cibo, energia e acqua.
Non solo per le aziende, i Big Data possono aiutare anche i privati, che scelgono gli strumenti giusti nel loro lavoro come nella vita di tutti i giorni, per capire la domanda latente su un territorio e rispondere con i giusti servizi, oppure con uno strumento “smart” che monitora le condizioni climatiche e ottimizza i consumi di una caldaia.
Da una parte la forza dei dati, dall’altra le iniziative dei singoli.
Un’iniziativa che ha fatto parlare recentemente, ma già annunciata nel 2018, vede la sede norvegese di STACK Infrastructure (leader nel settore dei data center), a Ulven, recuperare il calore “di scarto” per il teleriscaldamento di circa 5.000 appartamenti della città.
In questi mesi, allo stesso modo, in Svizzera è il progetto ECO-Qube dell’EMPA che punta migliorare l’efficienza energetica, distribuendo il calore a uffici e appartamenti, attraverso condotti di distribuzione.

È arrivato il momento di cambiare

Da quello che oggi possiamo constatare, i veri catalizzatori della rivoluzione a basse emissioni di carbonio del 21° secolo saranno le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: entro il prossimo decennio, il settore ICT può aiutare a ridurre fino al 20% le nostre emissioni globali di carbonio, aiutando le aziende e i consumatori a utilizzare e risparmiare energia in modo più intelligente.
Non sarà facile trovare il connubio tra basse emissioni e ripresa economica, ma è sempre più chiaro che questa è l’unica strada percorribile.